SETA E TESSUTI DI SETA. 3
Non appena i semi del filugello furono importati a Bisanzio. opportuni
provvedimenti furono attuati al fine di assicurarne la coltivazione. — II Pe-
loponneso detto poi Morea fu piantato a gelsi, d’onde questi trassero il nome
di mori, e fu cosi scemato, poi tolto il bisogno di ricorrere agli stranieri per
comperare il filo serico. — Nel 1018 i Veneziani, avendo soggettata 1’isola
d’Arbo sulle eoste della Dalmazia, le imposero, dovesse ogni anno pagare
alquante libbre di seta, ovvero altrettanto peso d’oro puro. — Ruggiero Re di
Sieilia nel 4447, sbarcato in Grecia, di lä trasferi nel suo regno i gelsi e la
eoltura del baco da seta, che venne di lä propagandosi anehe in Italia.
Palermo primeggiö; ma poco appresso colle sete palermitane rivaleggiarono
le calabresi e in seguito le lucchesi, le liorentine e le veneziane. — Lucca
si distinse fra le altre, avendo l’arte di lavorare la seta ivi prese tali pro-
porzioni da occupare persino 30,000 persone. — Quella cittä tenne con tanta
gelosia nascosti i suoi processi per la lavorazione della seta, da proclamare
reo di morte chi avesse rivelato i suoi metodi di torcitura. Da ciö e invalsa
l’opinione, essere stati i Lucchesi i maestri de’ Fiorentini, presso i quali giä
nel 4204 teneva principalissimo posto l’arte della seta; e eontemporaneamente
anehe fra Veneziani, i quali crearono un’apposita magistratura incaricata di
invigilare la fabbricazione dei drappi d’oro e dei zendadi.
Verso ii 4272, a Bologna, un ser Borghesani lucchese inventö il primo
filatojo idraulico, che per quasi tre secoli rimase un secreto a quei di Bo
logna e di Modena, cui fu poscia rivelato da un certo Ugolino, il quäle in
pena della fatta rivelazione fu da suoi concittadini appiccato in effigie. —
L’invenzione del Borghesani trapassata ad altre cittä italiane, fu dall’inglese
Giovanni Lombe, che seppe con incredibile astuzia e fatica copiarne in Pie-
monte il modello, trasportato in Inghilterra, ove ne fu rimeritato con un
dono di 40,000 lire sterline.
Fra noi nel 4293, disfatta la supremazia dei nobili in Firenze, siffutta-
mente prevalsero le classi democratiche, che le arti ebbero la principale in-
fluenza nella cosa pubblica. A provar ciö, basti il ricordare che ognuno
dovea appartenere a qualche arte, e che gli addetti ai lavori serici erano con-
siderati fra eittadini piü nobili; dando per tal maniera origine alla fonda-
zione di quei magnifici stabilimenti civili e religiosi che sono tuttora oggetto
di universale ammirazione.
Quanto poi 1’ arte della seta speditamente si allargasse e prosperasse in
Italia, appare dagli ordini allora emanati per la eoltura dei gelsi. — Nel
4423 Firenze proclamava esente da dazio la foglia del gelso; nel 4440 or-
dinava che ogni proprietario di fondi ne piantasse almeno cinque, e nel 4443
ne proibi 1’ esportazione e concedette franchigia a chi ne importava. — A
Milano una grida del 4470 impose che per ogni cento pertiche di terreno
si piantasse un dato nuinero di gelsi; e un’altra ordinö di notificare quanti
ne esistessero e che la foglia loro fosse ceduta al maestro da seta a prezzo
equo da chi non si proponesse edueare da se i bachi. — Il setificio si era
allora talmente esteso in Italia che, la seta indigena, non bastava alle fab-
briche ed era d’uopo cercarne nelle Calabrie e nelle isole greclie.
Alcuni aflermano che Lodovico Sforza introducesse per il primo un se-