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o mono corrotte secondo il gusto del tempo e l’educazione; il giudizio o non
ei entra o ci entra viziato; poi non tutti i pubblici sono compagni, io (si noti
bene) parlo del pubblico che accorse alla esposizione di Vienna. Agglomera-
zione di popoli. che di arte giudicano in senso disparatissimo e si lasciano
attrarre piü dallo strano che dal naturale, piü dal sensuale che dal pudico,
piü dai particolari artificiosamente lavorati, che dalle forme con studioso amore
cercate; in questo modo il gusto si corrompe cosi nel popolo come negli
artisti. Vi fu un tempo che parvero belle le figure vestite di carta, le colonne
a spirale, e fin le eornici a scartoccio. Il Bernini e il Marini a’loro tempi
piacquero piü di Fidia e piü di Dante.
In ogni etä l’arte si e esplicata a quel modo che gli usi e 1’ cducazione
davano piü o meno chiarezza ed energia di giudizio sulle ragioni del Bello.
L’arte nel tre e nel quattrocento fu severa di concetlo e di forma. Nel cin-
que e seicento quanto acquistö di vaghezza e di varietä tanto diminui di sem-
plicitä e di forza, fino a che decaduta del tutto, Canova prima e Bartolini
dopo, la rialzarono risalendo alla prima fonte che e il vero, col sentimento
del bello; Bartolini contemperö si bene il naturale coli’ ideale che le sue
opere resteranno esempio e saranno di freno tanto agli idealisti paurosi del
vero, quanto a’ naturalisti sjlegnosi del bello. Questo esempio e oggi salutare
piü che altri non creda, perche 1’ arte si dibatte sur un letto dolorosofldi
vero brutto, e di bello falso, e pochi valorosi alla Esposizione viennese ten-
nero alto il vessillo dell’ arte contro questi malanni. Ma se tanto gli artisti
nelle opere loro, quanto il pubblico nel giudicarle deviarono alquanto, ci e
una causa ed e questa che io voglio notare e che forma il soggetto di questo
articolo.
A dir vero le cause del deviamento dell’arte son varie, ne io intendo
parlare di tutte, che troppo in lungo mi porterebbe 1’ argomento e solo ac-
cennerö: la etficacia delle Esposizioni mondiali nelle Belle Arti.
Lo dirü subito e con franchezza, questa efficacia e dannosa. Quando in
una Esposizione sono milioni di cose che attirano i nostri sguardi e tutte
svariatissime di tutti i paesi e di tutti i tempi, quando per dirla in una pa-
rola si vuol costringere il nostro cervello a comprendere tutto quanto il
sapere e 1’ ingegno han prodotto da Adamo fino a noi (i preistorici ridono), se
non fosse una superbia e una pazzia sarebbe una ridicolaggine. I nostri sensi
e il nostro intelletto sono sitibondi di gustare e di apprendere, ma sempre
nella misura che e loro conccduta. Ora questa misura e sommamente stra-
bocchevole, i sensi e 1’intelletto ne restano oppressi, gli occhi non vedono
piü nulla, c la mente vaga in un mare senza confini d’immagini svariatis
sime c di pensieri e di afletti in guerra fra loro; in questo stato di confu-
sione e di stanchezza si trova il visitatore delle Esposizioni mondiali allorche
arriva nel palazzo delle Belle Arti. Alla prima sala ove supponiamo vi siano
un cento di quadri o statue, li guarda uno alla volta; ma la varietä dei soggetti
e dello Stile, generando criterj e ragionamenti diversi, lo stancano presto, e
comincia a guardarli a due a due: lascio considerare quanto ne godano e
l’artista e il visitatore da questo modo di esaminarel eppure la cosa va cosi
e non puö andare altrimenü; qualche occhiata piü lunga se la carpiranno,