GRUPPO XXV.
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Quanti e quaiUc siano state le onorificenze, che sopra proposla della se~
zione di scoltura il Grnppo XXV dei giurati assegnö alle opere di statuaria
italiana, e che 1’AssembIea dci presidenti dei gruppi ebhe piii tardi a confer-
mare, e cosa gia nota, ne io starö qni a ripeterla. Solo mi piace avvertire
ehe in ogni proposta, e in ogni discussione, che fu fatta nella sezione, io ebbi
la fortuna di trovarmi sempre d’accordo col mio collega, perche nell’esauri-
mento dei mandato afiidatoci noi procedemmo guidati dai inedesimi criterj c
intesi allo scopo niodesimo.
E di qnesti criterj appunto e delle considerazioni, che la grande mostra
internazionale, alla quäle eravamo chiamati, ci destava nella mente, e mio
dovere di ragionare ora, ma confesso schiettamente che il cömpito non mi
si presenta senza gravi diflicoltä.
Nella stampa periodica e ncl pubblico si ripercosse flno dai primi giorni
dell’ apertura dell’ Esposizione un’ eco molteplice di giudizj singolarmente fa-
vorevoli per la scoltura italiana; tutte le relazioni ne parlarono con onore,
e le migliaja di visitatori, che frequentavano ogni giorno il vasto recinto dei
Prater, col sotfermarsi di preferenza davanti alle opere dei nostri statuarj
moslravano chiaramente che quelle relazioni non erano inesatte; come per
altro verso lo mostrarono le molte vendite fatte da espositori italiani e le
non poche commissioni, che parecchi dei nostri artisti poterono avere da ama-
tori venuti in ritardo. Cosi dunque non v’ ha dubbio che a Vienna, come giä
a Londra e a Parigi ea Monaco, la scoltura italiana ha celebrato un trionfo,
ha auzi ottenuto la palma. E io sono il primo a felicitarmi di qnesti risul-
tamenti, che tanto onore e tanto profitto recano alla patria nostra e a quel-
l’arte, la quäle fu l’amore costante di tutta la mia vita; e credo anzi che
in gran parte i giudizj dei pubblico fossero fondati e meritate le lodi, onde
venne cosi copiosamente colmata la statuaria italiana.
Ma poiche e pur mio debito esprimere tutta intiera la veritä, o per lo
meno quella impressione, che a me pare la vera, fa mestieri ch’io aggiunga
come il successo della scoltura italiana nella Esposizione di Vienna, incon-
irastabile in linea di fatto, segnali perö insieme un principio di decadimento,
che sarebbe pericoloso, se non fosse inutile, di dissimulare. L’arte grande,
che fa consistere il conseguimento dei suo scopo, nella espressione dei hello
maestoso, dci concetti nobili, delle idee peregrine; Parte che non si accon-
tenta della perfezione della forma, ma la vuole congiunta e messa anzi al
servigio dei pensiero, e che solo nell’ armonica fusione dell’ uno e dell’altra
stima consistere la perfezione, va in generale e man mano scomparendo. Sa
rebbe qui inutile ricercare le cagioni di questo fatto, le quali si intrecciano
con li andamenti della vita civilc, e ne sono forse una conseguenza; il fatto
perö e tale. In vece sua vediamo via via subentrare e farsi largo un’arte,
alla quäle le seduzioni della forma non mancano, che anzi di questa fu la prin-
cipale sua preoccupazione e ne ottiene una apparenza superficiale dovuta alla
spontaneitä dell’esecuzione con una perfezione invidiabile e senza esempio
foi ’se fin qui; ma a quest’arte manca invece la elevatezza e la nobiltä dei con-
cetto; e un’arte piccina, che cerca i suoi argomenti nelle quotidiane e mi-
nute manifestazioni della vita domestica, anzi che nelle grandi evoluzioni