ARCHITETTURA.
»ecca di I loro schietto ferro. Possono essere anzi piii lielli in $e che non i
prodotli dell’arte; nia insomma non sono arte. E (laH’allro canto il decoro o
l’uso dell’ edißeio non permette in molli casi di mostrare nlla luce del sole,
senza neanche un lembo di panneggiamento, codesta nuditä statica. La immens.*)
cupola, che in forma di cono copre la rotonda del principale palazzo della espo-
sizione, con le sue grandi travate a raggio, tenute in sesto da cerchi concen-
trici senza liranti, pare una miserissima bruttura tanto al di fuori, quanto al
di dentro, portata com’ e da una costruzione a colonne, a piloni, ad archi di
muratura, nascondenti le vere e sottili armature di ferro, che bastano da sole
a portarla. La menzogna della fabbrica, sentita anche da coloro che non la
saprebbero ben capire, leva ad un’opera sapiente e ardita per l’ingegnere, ogni
seria bellezza d’arte architettonica. E da una simile cagione viene pure la brut-r
tezza dalle grandi gallerie nel palazzo delle Industrie. Tanto le centinature,
che portano la völta col tetto e che girano a basso arco di cerchio, quanto i
loro sostegni laterali sono a sistema rigido con ferri incrocicchiati: ma ecco
che, in grazia degli occhi, vollero appiccicare ai sostegni dall’una parte e dal-
l’altra una lunga colonnina di ghisa lutta ornata, che non e punto necessaria,
ed una traheazione su di essa, che nasconde la vera uuione de piedi itti con la
centinatura e che ha quindi una assurda e goflä apparenza.
I materiali nuovi, o impiegati secondo nuovi principii di scienza, non hanno
ancora trovato il loro stile. Pare talvolta che questa o quella applicazione di
essi corrisponda alle esigenze della bellezza) ma ci s’accorge poi che sono ec-
cezioni, le quali dipendono dalla condizione favorevole in cui e l’edificio. Un
portico di stile greco, alzato in pietra artificiale da una Societä per la fabbri-
cazione dei cementi, scioglieva il quesito dell’adoperare la pietra artificiale non
come pietra naturale, ma secondo l’indole che e propria a quella, collegandola
ingegnosamente ad alcune membrature e ad alcuni ornamenti di legno; e n’era
uscita fra il verde cupo degl.i alberi ombrosi una cosa tutta elegante, la quäle,
serbando una cert’aria di serenitä greca, aveva non di meno la fisonomia mo-
derna. Un altro padiglione della Societä per le ardesie era dal basso all’alto
rivestito acconciamente di ardesie, che, disposte in varie figure e di diveis-'
tinte, facevano una bei la vistaj ma giä 1 uso dei materiali cominciava qui a
diventare solamente una mostra, e un passo piü in lä s arrivava al ehiosco di
una delle grandi fabbriche viennesi di birra, dove i timpani delle poi te erano
formati da botti segate per metä, e la lucida cupola non era altro che una ben
pulita caldaia arrovesciata.
L’architetto Ferstel, del quäle abbiamo giä parlalo, aveva per altro saputo
con i prodotti di una ottima fornace di terre cotte erigere un arco trionfale
dietro le Gallerie delle belle arti, il quäle, non essendo nello scopo altro che
una esposizione di parti giä compiute per altri usi, pareva, salvo in alcune
cose, un bei concetto creato di pianta. I muri erano fatti di mattoni pallidi
alternati a mattoni rossi; gli specchi dei piedistalli, dei pllastri e dei fregi an-
davano ornati di fogliami, di frutti, di festoni, di emblemi, che spiccavano
sulla vernice del fondo colorato. Nel timpano stavano delle figure aggruppate,
sulle porte laterali dei medaglioni e dei bassorilievi, e all’alto degli angolt
Statue, e al di sopra dell’attico tjiie grifi tenenti in mezzo la corona imperiale