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I.
Che in Italia il vezzo d’innovare e demolire, fors’anche quello di giu-
stificare o magnificare pratiche che richiedono minore sforzo di studio e
d’ingegno, abbiano fatto sorgere una scuola che eleva a teoria il pretto
realismo, e cosa che tutti sanno, e di cni si veggono quä e lä gli effetti.
Che fra i cultori della pittura e della scullura vi sia chi A'ago di esplo-
rare vie intentate, e forse persuaso che i tempi nuovi vogliono arte nuova,
accetti « senza aleun sospetto » le massime che piü sono [in voga, non
ostante che fuori d’Italia (e ne e prova la mostra di Vienna) queste mas-
sime non abbiano ne fautori ne cultori (tranne forse il solo pittore Courbet)
ciö pure e un fatto che si puö deplorare ed intendere al tempo stesso. Ma
ciö che costa fatica ad intendersi si e come possa in taluno nascere solo
il pensiero di applicare alle arti ornamentali ed all’ornato propriainente
detto le massime del realismo. Ebbene e pur troppo vero che anche questa
piü che novitä, impossibililä ha i suoi fautori fra noi.
Mi affretto peraltro a notare che pochi dei nostri ornatisti scultori e
pittori si lasciarono fin qui adescare dalle lusinghiere promesse, e che i
cattivi resultati delle prove tenlate da questi pochi, forse giä disillusi, sa-
rebbeio tali da farci credere ormai scongiurato ogni pericolo, se non fosse
che in alcune scuole di ornato la copia mateiiale del \ero e eretta a prin-
cipio e fondamento dell’arte stessa. Di quegli ornatisti sedotti forse due
soli nostri intagliatori inviarono opcre all’esposizione di Vienna; e se vi
si fossero recati avrebbero potuto di leggieri persuadersi non approdare
codesta loro copia servile di tralci e di flori che ad una infrascatura di
nessun garbo ne grazia; la quäle osservata a una certa distanza, non giä
come forse supposero, si atteggia ad ornamento, ad eleganza, a ricchezza,
ma alla piü sgradita e indecifrabile confusione, ove nemmeno si avverte
lo sfoggio dell’imitare servile e manuale. La quäl confusione tanto piü
riesce sgradita, in quanto che, mentre la natura ha per se la varietä dei
colori, le verdi fronde, i fiori variopinti e i bruni steli, per porre nel di-
sordine suo chiarezza e varietä, la monocroma riproduzione, segnatamente
colla fosca tinta del legno, li condanna ad una lotta ingrata ed ineguale
colla natura : ed essa, vincendoli li punisce del loro volontario divorzio
dall’arte e dal buon gusto, e, diciamolo pure, da quelle nobili tradizion'
che, dal semplice e squisito ornamentare dei greci fino a quello svariatis-
simo ed elegantissimo del nostro risorgimento, ci insegnano come questa
bell’arte, dopo avere attinti dalla natura tutti gli elementi delle sue forme
e concetti, abbia loro data un’impronta caratteristica figlia della fantasia
e del sentimento del bello. Forse sarebbe loro A’enuto in mente e il capi-
tello coiintio ispirato a Callimaeo daH’elegante portamento della foglia
d’Acanto, ed i fregi di tralci e frutta che adornano le celebri porte d*