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Volltext: Relazioni dei giurati italiani sulla Esposizione Universale di Vienna del 1873: Fascicolo 9, Gruppo XXII. - Musei industriali. [Gruppo] XXIII. - Arti dei culti

LE ART! DEI CULTI. 3 
rale analoga e un cullö rassomigliante: il monoteismo e proprio dell infanzia 
del cuore, quando l’universale armonia, benefica, terribile e fatale» e snfiiciente 
al vergine sentimento della gratitudine, della speranza e del timore: quando 
la coscienza deH’impotenza umana, produce spontanea quella della onnipotenza 
divina, che tutto invade e circonda, e si sente maestosa nella magnificenza 
delle foreste, nelle immensitä dei mari, nella solitudine dei campi. — Elai'm, 
Brama, Osiride, Giove, Ormuz, Odino, nomi diversi espriinenti una sola idea 
e un sentimento solo, furono primitivamente eguahnente adorati e cantati da 
lütte le voci della natura; ne l’uomo usö verso il Creatore altro atto che il 
profumo dei vergini sacrißcj: il culto propriamente detto, con tempj e sacer- 
doti e rili, e la conseguenza, e data dalla decomposizione della idea monotei- 
sta, semplice e perfetta; dalla distinzione, nell’ordine fisico della produzione e 
della distruzione, e nell’ordine morale, dell’amore e dellodio, della veritä e 
dell’errore, in poche parole del bene e del male. — Il dualismo, incarnato 
nella uraanitä in Abele e Caino, si rillesse nella divinitä, in India con Brama 
e Moissaspur, in Persia con Ormuz e Ariman, in Egitto con Osiride e Tifone. 
Allora i due principj sono in presenza, le due forze sono in lotta, in Iotta ad 
armi pari, l’umanitä insufiiciente a mantenersi il bene e a vincere il male, e 
testimone della perpetua vicenda fra loro, cerca una o pitt forze mediatrici e 
conciliatrici, e forse sulla eco tioca di responsi remotissimi, antecedenti a ira- 
mensi rivolgimenti, divinizza ancora e compone la Trimurti indiana di Brama, 
Shiva e Yisnü; la egiziana d’Iside, Osiride e Oro; la persiana di Ormuz, 
Ariman e Mitras; la greca dei tre figli di Saturno, Giove, Nettuno e Plutone, 
e poi quella un po’ diversa e men misteriosa, del nordico Odino, che sta in 
ciclo colla donna Freja che contiene la Terra e del figlio Thor che percorre 
lo spazio. v 
Allora il politeismo e nato, la forma del culto inevitabile, il rito una ne- 
cessitä: gli atti dell’uomo verso Dio devono essere certi, determinati, rispon- 
denti al fine, interpreti specialmente del pensiero e dello alfetto che gli detta. 
L’immenso e incomprensibile Dio, triplicato impiccolisce: pel culto Esso si 
ravvicina, ascolta, favella ; a Lui col rito si domanda e si ottiene; col rito si 
amica e si scongiura; col rito si muove la pietä e la vendetta; col rito s’esalta 
la gioia, e si allevia il dolore. 
Allora i fenoraeni piii naturali divengono linguaggio divino, ma che solo 
pochi privilegiati e sapienli possono interpretare, e ciascun agente del mondo 
lisico, una emanazione della divinitä: quest’ordine ideale ha per naturale por- 
tato il panteismo, concetto tutt’altro che moderno, ma compenetrato con quello, 
al tempo stesso sempre infantile e sempre decrepito, del politeismo. — Leggesi 
neU’Indico Bhagarat-Gita: « La materia non e che una modificazione di Dio, 
ma se le mutazioni della materia sono in lui, egli non e in esse e riman 
sempre immulabile. — A guisa dell’aria che penetra per tutto, senza esser mai 
confusa, Brama riempie tutto, senza patir mai nulla da questa operazione de- 
gli elementi fermentati. » Per il quäle concetto la divinitä multipla, divenuta 
accessibile e alla buona, si circonda di esseri geniali, santi, angelici, eroici, 
esprimenli un milo e raffigurati con un simbolo, e nelle vicende loro traman- 
dati dalla leggcnda. — E per tal modo i mit! divengono innumerevoli c mr=
	        
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