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Volltext: Relazioni dei giurati italiani sulla Esposizione Universale di Vienna del 1873: Fascicolo 9, Gruppo XXII. - Musei industriali. [Gruppo] XXIII. - Arti dei culti

LE ARTI DEI CULTI. t" 
La maniera che giü e intitolala romana-papale, e fra lulle quelle del- 
l’Arte cristiana la piii recente: poiche essa data soltanto dalla metä del XVI 
secolo. Prima di quell’epoca in veritä non potrebbe dirsi che arte romana cri- 
stiana sia esistita mai: imperocche i monumenti piü vetusti del crislianesimo 
in Roma, quali puö dirsi unicamente sieno S. Lorenzo e S. Clemente, non sono 
che un’amalgama dello Stile bizantino col romano pagano, o per meglio dire 
sono monumenti nei quali l’arte bizantina e venuta a dare significato e colore 
cristiano all’ arte e alla tradizione pagana, o almeno ai cimelj del paganesimo, 
per le nuove chiese adoprati: e certo preziosi sono quei due monumenti, ai 
quali non e accaduto quello che poi e accaduto a tutti gli altri in Roma, cioe 
che il grandioso e poi il barocco, abbiano affogato paganesimo e cristianesimo 
insieme. — Ma pure non puö disconoscersi che l’arte italiana del XVI secolo, 
espressione di un’ amalgama fra la greca e la germanica, non abbia avuto poi 
una fisonomia tutta propria e magnifica in Roma, nella seconda maniera di 
Rafl’aello e nei prodigi di Michelangelo. Qual sia 1’ ideale di quella maniera 
mal potrebbe defmirsi, seppure non possa trovarsi nella immensa potenza, 
estensione ed autoritä del culto cattolico, al quäle essa era destinata: culto il 
quäle appunto intorno alla metä del XVI secolo, per la sua unitä, per il quasi 
esclusivo dominio sui popoli civili e supremazia nelle faccende pubbliche di 
tutto il mondo, pote comparire, anco agli animi piü amanti o piü fieri, come 
quelli del Sanzio e del Buonarroti, qualche cosa di talmente grande e fatale , 
da legittimare omai forme ampie o splendide, anco ove l’intimo senso era di 
per se stesso puro e devoto. — Insorama da Michelangelo in poi, pare che 
1’autoritä e la riverenza della tiara e la stessa materiale sua forma, abbiano 
davvero dominata tutta l’arte in Roma. 
Cosi devono considerarsi come appartenenti alla maniera romana-papale, le 
fusioni del Durenne, le quali copiano statue, altari, tabernacoli e arredi, delle 
insigni chiese moderne, per riprodurle nelle nuove e minori. Quelle fusioni 
sono eccellenti e si eseguiscono in tre opifici con 800 operai, ed un capitale 
circolante di lire 3,500,000. Egualmente nella stessa categoria era pregevole la 
fabbricazione degli indumenti da chiesa del lvostner di Vienna, manifatluriere 
in grande, che al buon disegno preferisce il ricco ornato e le Stoffe, e i ri- 
cami di lusso e pesanti: il tutto perö ineccezionabilmente eseguito, onde ha 
uno spaccio annuo di L. 360,000. E furono come egregi industriali l’uno e 
l’altro premiati. 
Nessun culto piü di questo, nei rito cattolico, meglio si presta agli oggetti 
minuti: i tabernacoli, le immaginette, lemedaglie, i rosari, gli scapulari per 
mille usi, di mille forme, per mille minuti piaceri della devozione in detta- 
glio. — Come industria, e lino ad un certo punto come arte in tanti lavoretti 
di argento, di avorio, d’agata, d’onice, di lapislazzoli, di madreperla, di pasti- 
glie vetrate, varie fabbricazioni tutte francesi, erano rimarchevoli e di non 
poca importanza commerciale, poiche la Francia le sparge per tutto il mondo. — 
Per tutte premiammo colla medaglia del buon gusto le ditte Meurice Delau- 
nay e Mazayer Poendron, perche a dir vero nei loro genere tutti i prodotti 
di esse erano di gusto squisito. 
La prima di esse vi occupa 200 operai ad un salario di 3 e 4 franehi al 
giorno, e lire 700,000 di circolazione, la seconda 120, e I,. 500,000. 
Esposizione Univers. 1S73 — Oruppo XXIII.
	        
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