LE ARTI DEI CULTI 21
Occorre adesso dare qualche indicazione sul modo di togliere al velro la
sua trasparenza e polimen'arlo. Ciö si fa ordinariamente colla Irizione di
silice in polvere: in due intelajature alla distanza di 0.006 si collocano le la-
stre, le quali per mezzo di ruote sono continuamente confricate da breccia
cormine, con un movimento di va e vieni: nel tempo di quattro ore il poli-
mento e fatto.
Procedimenli speciali si usano per i disegni ad imitazione del ricamo e
della trina, ovvero per ornati a chiaro-scuro.
La incisione sul vetro coli’acido floridrico puö farsi, poiche quest’acido si
presta a soprapporre al colore degli ornamenti di allro colore , senza pregiu-
dicare il campo del colore sottostante.
Due maniere vi sono per incidere coll’acido floridrico. La prima, consiste
a fare scaldare una inistione di cera e di pece e stenderla con pennello piatto
su tutta la superficie che si vuole incidere; poi con una punta qualunque si
toglie questa patina da tutte le parti che devono essere investite dall acido.
La seconda consiste invece nel disegnare il contorno, e quindi empire i vuoti
colla stessa sostanza. — Vi e poi la pittura per impressione: s’ incide una la*
stra di rame all’acqua forte, e se ne fa la prova di siampa sulla carta: poi si
decalca la carla con un leggiero mordente d’essenza di trementina.
Il vetro avendo ricevuta questa leggiera patina, deve essere esposto ad una
temperatura molto elevata, quasi a quella di un forno per cuocere pane, fin-
che il velro incominci ad imbrunire. — In questa condizione e indotto ad
assorbire il colore ed a resistere alla lavatura per distaccarlo dalla carta.
L’ olio per i colori da impiegare sulla carta per essere decalcati si deve
inoltre comporre di:
Olio di lino 2 litri - detto di colza un quarto di litro - minio 15 grammi
- fiore di zolfo 15 - resina 60 - pece 60 - catrame 250.
In Inghilterra si pratica anche un processo d’ impressione sul vetro per
mezzo di pietre litografiche. — Si comincia per incidere sulla pietra il disegno
che si vuole riprodurre e al solito si colorisce, poi si ricuopre con polvere
finissiina o di asfalto o di antracite, e si ricopre il vetro con una delle so-
stanze adesive e coli’ acido floridrico: col calore si coadiuva 1 incorporazione
della polvere colorata colla sostanza aderente al vetro.
Parlando di un’arte che andö giä perduta ed ora e rintracciata, occorre
anco dir qualche cosa sulla materia prima, tale quäle era dagli antichi confe-
zionata. Erano i vetri fabbrieati a soflio di mantice siccome descrive feofilo
(Diuersarium Arlium Schedula) : questi vetri non erano ne tanto fini, ne
tanto levigati, ne regolari. Il vetro bianco fabbricato con materie abbastanza
impure, aveva di per se medesimo una tinta favorevole, il che adesso deve
procurarsi con l’aggiunta di ossidi metallici. Il turchino era confezionato con
mistura di cobalto, nickel e ferro: il giallo si otteneva col carbone: il verde
coll’ossido di ramc. Queste furono, queste devono essere, le basi delle prepa-
razioni sul vetro colorato, migliorate e facilitate dalla scienza e dalla indu-
stria moderna. , .
Di quanto concerne la descrizione dei ferri per la saldalura , dei tiranti ,
della maniera di saldare, di lagliare il vetro e piombare, tutto ciö inline che