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Gituri'o iv.
remaggiore, a Sansevero, nel piano di Rignano, ad Ischitella, a S. Marco
in Lamis e in alcuni altri luoghi.
Certo ch’e ancora da desiderare molto pel perfezionamento dell’ indu
stria, ma ciö e commesso al tempo in gran parte. Sul Gargano, ch’e re-
gione tutta oleifera, per l’immensa quantitä delle ulive e per l’insufficienza
degli strettoi, si tengono le ulive depositate per lunghissimo tempo prima
di macinarle e le ulive si cuoprono di muffa, che il volgo chiama riscalda-
menlo. Gli effetti se ne possono indovinare. E un inconveniente del resto,
riconosciuto da tutti, e ciö non e poco, e che potrebbe essere corretto o
distrutto con l’introduzione delle nuove macchine, frantoi e strettoi a va-
pore, i quali indipendentemente da altri vantaggi, hanno quello incon-
trastabile e incontrastato d’impiegare maggior forza in minor tempo. E
dunque per necessitä che si tengono le ulive raccolte per molti giorni
prima di frangerle. Non possono raccogliersi a mano per difetto di braccia,
e quasi generalmente si aspetta che il frutto cada da se, e il frutto non
cade da se, che quando sia esclusivamente maturo. Non e possibile fare
laggiü quel che si fa in Toscana e si fa nell’ Umbria e nelle Marche. In
tutta la regione pugliese c’e la grande coltivazione e la grande industria
olearia e perö i progressi ottenuti in quella regione sono stati immcnsi e
quasi rivoluzionari, perche non si sono venuti compiendo gradatamente, come
in Toscana, ma in poco tempo, sotto l’impulso di una gran fede, col vi-
gore di gente giovane che vuol ribellarsi d’un tratto all’antico, e vuol
mutare e rifar tulto, senza badare a spesa. Ma vi sono difficoltä naturali
contro cui non si lotta. Certo, la Toscana e 1’ Umbria non hanno nelle
stesse proporzioni della Puglia, frantoi e strettoi a vapore, e forse non
hanno belle fabbriche e cosi ben provviste di macchine e utensili come si
vedono in gran numero nelle tre Puglie, e particolarmente in Terra di Bari,
ma hanno la tradizione e l’esempio da una parte, e tutta una condizione
colonica cosi profondamente e sostanzialmente diversa dalla pugliese,
braccia e capitali corrispondenti ulla loro piccola industria. In Ca-
pitanata non solo e ancora vivo il sistema d’ incamminare le ulive, cioe di
tenerle a fermentare per mesi, ma non sono pochi gli esempi dell’estrazione
dell’olio con l’acqua bollente, ponendo la massa delle ulive frante in sae-
chetti di tela e lana sulle quali pigiano coi piedi le contadine! Ma gli
olii fini di Capitanata oggi sono commestibili, e venti anni sono non
c’erano olii fini. Ouelli di Yiesti, di Yico del Gargano, d’ Ischitella, e
di Bovino vendonsi a Trieste allo stesso prezzo dei migliori di Bari. Gli
olii del De Paulis di Bovino, del Maurea di Chieuti, del Campunella di
Deliceto, del Della Torre di Monte S. Angelo furono da noi giudicati di
buonissimo gusto. Non hanno raggiunto ancora nel colore la perfezione
degli olii di Teramo e di Bari. Sono dolci come questi, piü grassi degli
abruzzesi, ma meno grassi dei baresi, e inferiori per finezza e sapore
agli uni e agli altri.