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§ 9
Tasse.
Se questi e parecchi altri ordinamenti, che il Go-
verno italico tenne in onore, giovarono assai, altri no-
cquero siffattamente, che si dovette per lunga pezza pa-
tirne il danno, e poi lottare animosamente a ciö che
1’ Austria li prendesse di nuovo in seria disamina e li
abolisse. E noto essere stata fra le industrie venete la
principale quella delle sete; ora possiamo asserire, senza
reticenze, che a questa il Governo italico arrecö vero
nocumento, riattivando leggi, che avrebbe pur potuto
lasciare in oblio. Ne recheremo qualehe particolare.
La tassa arti e commercio colpiva gli esercenti in
modo ingiusto ed immorale, sieche ai minori esercizi
da una copiosa ricerca nell’ interno. Non e nuova 1’ osservazione
che gli eserciti e le guerre, mentre levano ai campi ed ai telai
rnolte utili braccia, sospendouo o recidono molti rami di comniercio
e contemporaneamente animano ed esercitano molte arti. Si pote cal-
colare che ogni anno le nostre fabbriche vestissero cinquanta mila
uomini, comprese le truppe francesi stazionate nel regno. Il vestiario
dell’ esercito non era regolato secondo 1’ economia delle altre potenze
di Europa. Quasi ogni reggimento aveva due uniformi. La guardia,
composta di seimila uomini, al lusso degli abiti, sembrava un corpo
d’ufficiali. L’uso seguito da tutti gli ufflciali di vestire 1’abito cit-
tadino, il loro traslocamento continuo e rovinoso da un reggimento
ad un altro, la varieta dell’ uniforme, i cambiamenti introdotti dal
Capriccio dei colonnelli, 1’ abito teatrale di molte bande militari, in
somma tutta questa elegante profusione quasi duplicava il consumo
a vantaggio dei lanifici nazionali. Per la stessa causa la corte e 1’ e-
sercito di Francesco Sforza fecero prosperare nel XV secolo, col loro
consumo, i lanifici comaschi (Vedi 1’ opera citata dei Peechio, a
pag. 108).