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vano il nostro porto a quello di Ravenna : e i Genovesi
invadevano le piazze di Verona e di Mantova. Nel 1862 si
elevö, anche dalle camere di commercio, una voce auto-
revole perche fossero tolti di mezzo quegli impacci doga-
nali, che ad es. si riferivano ai bozzoli, fdati greggi e
lavorati.
II modo differente con cui agivano gli Stati vicini,
il decadimento delle industrie (ad es. del setificio) erano
argomenti addotti invano al governo. Si chiedeva pure
indarno, che fosse facilitato il passaggio nella Lombar-
dia e negli altri paesi d’ ltalia a quelle persone che per
affari urgenti erano obbligate a recarvisi di frequente.
E noto perö che, contro questo desiderio (sebbene
enunciato dalla stessa camera di commercio) eravi una
prepotente ragione politica.
§ 9.
Liberi scambisti inglesi e veneti, e protezionisti
austriaci (1854).
Una delle gravi questioni che si agitavano allora, e
che ricorderemo con minuti particolari, risguardava il
libero scambio (1854).
Le camere di commercio dell’ impero britannico
chiesero, nell’ottobre 1864, alle camere di commercio
dell’ impero austriaco, se reputassero venuto il mo-
mento di accettare il libero scambio e i suoi benefici
pelle classi industriali dell’impero, e, nel caso affer-
mativo , quali proposte avessero a fare. Le risposte
date dalle camere di commercio del Veneto sono di
una grande importanza. Non soltanto ribattono le idee