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protezioniste della camera di Vienna, ma affermano
senza ambagi il principio del libero scambio (1). Vi
cenza, ad es., che fabbricava panni e carte, non chiese
il divieto alla esportazione degli stracci e alla intro-
duzione di panni, anzi gli stessi industriali la confor-
tarono a tenere alto il vessillo della libertä dei traffici.
E la sua camera di commercio scriveva: « Non e di-
mostrato quali ostacoli reali si oppongano presente-
mente in Austria all’ adozione di piii liberali tariffe, e
quali ostacoli invece non si presentino da qui a 10 o
15 anni, od in epoche ancora piü lontane. Quanto piü
si ritarda nella riforma, tanto piü numerosi interessi
saranno offesi nel giorno in cui sarä pur forza d’adot-
tarla, ed intanto si avrä perduto un tempo prezioso,
in cui P industria e P agricoltura, fatte piü libere, a-
vrebbero immensamente prosperato, e mentre per le
nazioni progredite nella via del libero scambio si sarä
inaugurato una nuova fase luminosa. » E dopo altre
considerazioni soggiungeva: « Poniamo pure che i fab-
bricanti di panni desiderassero che la coneorrenza di
panni stranieri fosse resa piü difficile dai dazi. Allora non
potrebbe piü lagnarsi dei dazi desiderati da altri per le
macchine, gli scardassi, i colori, i saponi, gli oli. Quäle
vantaggio avrebbe di essere i! solo nella produzione dei
panni, quando, per siffatto gusto, gli fosse poi reso irn-
possibile di produr nuovi panni? Ora pel Veneto i
fabbricanti di panni non calcolano cosi male ; essi sen-
z’ altro fanno buon mercato dell’un favore, ma si acqui-
stano cosi il diritto ad avere gli altri cento, e cosi a
diritto domandano che sieno una volta disciolti tutti
(1) Vedi la monografia di Lampertico sui dazi.