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genio degli abitanti, dal giro di capitali esteri e nazio-
nali che aspettano un utile impiego, dalla foga che spinge
tanta parte dei cittadini alle piü ardite imprese commer-
ciali e marittime, con una lena che talvolta ricorda 1’ etä
di mezzo.
Certo vi hanno in Italia popolazioni pigre ed acca-
sciate, ed altre che si insidiano vita e sostanze con acca-
nimento fraterno, e molto rimane ancora da fare per
muovere guerra gagliarda ai pregiudizi, agli errori,
alla indolenza, allo scetticismo ; ma pure ormai la pub-
hlica opinione reagisce contro le fiacche abitudini e gli
inutili rimpianti, e le generazioni nuove si educano al
culto delle nohili e grandi cose.
Vi e, fra noi, un rimescolio di uomini e di istituzioni
che talvolta lascia un dubbio nelle menti le piü scettiche;
ma in mezzo a numero cosi stragrande di banche, di so-
cietä, di fabbriche e di istituzioni di ogni maniera, fra
l’agiotaggio e l’intrigo vi ha una corrente libera, ampia
e tranquilla che fertilizza le nostre terre coi capitali fissi
e circolanti, colle forze motrici spontanee e artificiali.
L’ industria piü adatta all’Italia e certamente quella
che trae profitto dal suo mare, dalle sue spiaggie, dai
suoi cantieri, dall’ abilitä dei capitani, degli armatori,
dei costruttori navali, dei carpentieri, calafati ecc , dall’a-
gevolezza con la quäle si importano i materiali da co-
struzione, dall’ abbondanza della maggior parte di questi
materiali in paese, dalla mitezza delle mercedi, dallo
svolgimento sempre maggiore della navigazione.
Se 1’ Italia vuole esistere come nazione, se inten-
de di formarsi una marina da guerra, di accrescere
sempre piü i propri traffici, essa deve dedicare gran
parte dei proprio genio industriale alle costruzioni na-