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Le medesime cose ci vengono, con altre considera-
zioni, dichiarate dall’abate Maffioletti. E lo stesso Marin
scriveva, che Venezia pella costruzione navale era giun- .
ta a tale decadimento da meritare il disprezzo delle
altre nazioni e V avvilimento della propria e partico-
larmente dei costruttori. Alle soppresse galeazze (ag-
giunge) si sostituirono due grossi sciabecchi, i quali, di-
fettosissimi nella navigazione, poco dopo, resi inabili,
vennero aboliti: e quantunque si facesse qualche legno
da guerra dai nostri costruttori, ehe meritavano nonpoca
considerazione dagli esteri, pure in generale si sparse
negli occhi dei piü la tenebria e si fece vedere ai deboli
non esservi cosa buona a Venezia, ma tutto piccolo,
tuttö imperfetto, e degno di correzione e di riforma (1).
I bastimenti che allora visitavano i mari Jonio, Me-
diterraneo, Baltico, fino alle Indie Orientali, avevano
bensi regie patenti, ma assai poche apparivano le ditte
di capitali, di riputazione e d’ intraprendenza (2).
Si riattarono e riformarono piccoli legnetti, e cosi
si usci dai confini dei Golfo; taluno per ardimento e
(1) II buon Marin vorrebbe attribuire la soverchia deiezione di
Venezia a questa sfiducia in se stessa, e ad una voglia smodata e
ciarlatanesca di emulare 1’ altrui anziche il proprio passato. Nella sua
storia civile-politica dei commercio (I, 3, c. 4, p. 227) biasima i Vene-
ziani perche abolirono le galeazze, scemarono il numero delle galee,
riformarono le esistenti, adottando nella marina i modi e le forme e
gli usi e sino le voci altrui, dicendo che i maestri della marina pareva
che, ammaestrati dagli altri, incominciassero allora soltanto a
piantarla. Non 6 questa, esclama il Marin, a mio credere, una balor-
daggine, la quäle dimostra la decadenza della Repubblica ridotta in
decrepilezza, e ne annunzia il suo vicino deperimento (ib., p. 227) ?
(2) Marin (v. 8, 40, 4, c. 2) dice che nel secolo XVIII vi erano
540 legni patentati.