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1’ arte o Scola clei paternostrcri da spiedo possa tener 14 camini
e non piü d’ una sola fornace.
Pag. 55 t., 1650, 23 marzo. E cenno delle perle false inar-
gentate o senza argento « arte sola e peculiare a questa cittä. »
Pag. 75 t., 1688, 27 sett. Vincenzo Miotto supplica i Capi del
Gonsiglio dei Dieci di poter continuare a far nelle sue fornaci l’an-
tichissima fabbrica della canna « con quäle si fabbricano le perle
false di vedro, chiamate perle da Muran, non intendendo giam-
mai ingerirsi in fabbricar perle false, solite fabbricarsi da sup-
pialume, differente nella materia e nel luogo. »
Perle false si lavoravano anche fuori di Venezia, ma da ope-
rat veneziani, e con canna muranese. P. es. ad Ampezzo, da un
Giovanni Menardo e da altri suppialume, 1649, 30 aprile (capi-
tolo CLXXXII, p. 48 t.).
Nel secolo XVI vuolsi trovata 1’ arte dei suppialume, e se ne
attribuisce anzi 1’ invenzione ad Andrea Vidaore, lo che non ci
e dato di constatare per difetto di documenti.
Tra il 1629 e il 1647 essi erano ascritti al colonnello mede-
simo dei lavoratori di paternostri e di gioie contraffatte ( capi-
tolo GXXXIX, p. 36); nel 1647 (cap. CLIX) si separarono.
L’ idea sorridente del privilegio s’ incontra spesso anche nella
Vetraria. I fratelli Bertolini (Andrea e Pietro) sporgevano sup
plica al Gonsiglio dei Dieci, 1731, 31 agosto, affine di ottenere
la privativa per 20 anni del lavoro di canna per conterie. Una
commissione di sette persone e i gastaldi delle due arti, interpel-
lati all’ uopo, diedero voto contrario. Descrissero lo stato infelice
dell’ industria : « i grani grossi (perleJ dei suppialume si esegui-
scono in certa fabbrica in Boemia ; per le perle argen täte che
avevano spaccio specialmente in Persia, non si hanno piü com-
missioni. — Ai margariteri fu sempre vietato il lavoro delle per
le piccole, fatte dai suppialume a grano a grano. »
Se si favorissero i Bertolini « la canna fina resterebbe per
uso e lavoro dei margariteri, quali con 1’ uso di certe padelle di