BELLE ARTI. 3
tanto nello statue che nei quadri, o il soggetto chiassoso e volgare, e sen
sible, o i movimenti strani, e infine la minuziositä dei particolari e i troppo
vivi colori; e questo e il guadagno dell’ arte.
Le Esposizioni mondiali sono grandi fiere, grandi mercati; non servono
punto all’avanzamento dell’ arte; si a viziarla e a viziare il pubblico.
L’arte vera, l’arte grande non e guardata non che apprezzata alle Espo
sizioni universali. A Parigi il nostro Governo inviö il David di Michelangelo
e nessuno ci si voltava; a questa Esposizione di Vienna la povera moderna
Grecia, quasi a dolorosa memoria d’ un tempo supremamente glorioso, inviö
i gessi del Partenone e la Venere di Milo; non uno sguardo si posa su di
essi. Noi si gli abbiamo riveduti nel silenzio; e quel deserto in mezzo alla
folla ci ha imparato di nuovo a vedere, a pensare, ad amare e a giudicare;
e la grande aiiima di Fidia si consolö forse del nostro lungo sguardo e della
nostra emozione, e compassionö la povera turba stanca e distratta.
In mezzo alla folla chi grida piü forte si fa sentire di piü, sebbene possa
aver torto. Ho sentito quasi sempre applaudire in teatro i pezzi di musica
j,iCi volgari e latrati di piü, e passare quasi inavvertite delicatissime bellezze
musicali cantate con arte vera e sentimento squisito.
E come nelle grandi arene l’attore per essere inteso e costretto a esage-
rare il gesto e la voce, cosi le Esposizioni mondiali sono le arene delle Belle
Arti. L’ arte o si fa chiassosa e falsa, o resta dimenticata.
Ma un altro malanno nasce dalle grandi Esposizioni. Il contatto imme
diato di tanti slili, non solo diversi ma opposti, genera negli artisli novel-
lini e di fede gracile, confusione e perplessitä, e dillidando delle proprie
forze perche non sorretti da persuasioni profonde, piegano a destra e a si
nistra, perdono la loro personalitä e cadono nell’eclettismo che e il principio
della fine dell’ arte.
Il vedere qua e lä ad epocho diverse le varie scuole antiche e modeine
giova, perche le varie impressioni ricevute, col tempo si elaborano nell in-
telletto , si afiinano e formano nutrimento buono e sangue perfetto atto a
generare opere proprie c legittime.
Il tanto celebrato vantaggio del confrouto ha da farsi cogli occhi della
mente e della ricordanza e non cogli occhi esteriori e simultaneamente, ne da
giovani non addestrati e agguerriti che non possono difendersi dalle civet-
terie d’ ogni genere.
L’artista deve pensare alla sua personalitä, deve essere se stesso colle
sue idee, co’ suoi pregi e co’ suoi difetti.
La imitazione fu sempre dannosa. Il divino Michelangelo senza volerlo,
aiizi contro il suo precetto - chi va dietro agli altri non va mai avanti -
accese del suo fuoco anime debolmente temperate e gli imitatori suoi furono
stravaganti, golli, scontorti e falsi. Canova fu grande quando la sua anima
si espanse priva di greei amori: grande ne’ due papi Rezzonieo e Pio VI, nel
gruppo dell’ Icaro e nei Pugillatori.
Ma se la imitazione e un male dal quäle un ingegno non volgare puo
liberarsi, la confusione e l’eeletlismo e una malattia irrimediabilc; ed e questa
malatlia’ch’io pavento per l’arte e che puö svilupparsi dalle Esposizioni
mondiali.