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Volltext: Relazioni dei giurati italiani sulla Esposizione Universale di Vienna del 1873: Fascicolo 3, Gruppo V. Sez. D - Seta e tessuti di seta

BELLE ARTI. 3 
tanto nello statue che nei quadri, o il soggetto chiassoso e volgare, e sen 
sible, o i movimenti strani, e infine la minuziositä dei particolari e i troppo 
vivi colori; e questo e il guadagno dell’ arte. 
Le Esposizioni mondiali sono grandi fiere, grandi mercati; non servono 
punto all’avanzamento dell’ arte; si a viziarla e a viziare il pubblico. 
L’arte vera, l’arte grande non e guardata non che apprezzata alle Espo 
sizioni universali. A Parigi il nostro Governo inviö il David di Michelangelo 
e nessuno ci si voltava; a questa Esposizione di Vienna la povera moderna 
Grecia, quasi a dolorosa memoria d’ un tempo supremamente glorioso, inviö 
i gessi del Partenone e la Venere di Milo; non uno sguardo si posa su di 
essi. Noi si gli abbiamo riveduti nel silenzio; e quel deserto in mezzo alla 
folla ci ha imparato di nuovo a vedere, a pensare, ad amare e a giudicare; 
e la grande aiiima di Fidia si consolö forse del nostro lungo sguardo e della 
nostra emozione, e compassionö la povera turba stanca e distratta. 
In mezzo alla folla chi grida piü forte si fa sentire di piü, sebbene possa 
aver torto. Ho sentito quasi sempre applaudire in teatro i pezzi di musica 
j,iCi volgari e latrati di piü, e passare quasi inavvertite delicatissime bellezze 
musicali cantate con arte vera e sentimento squisito. 
E come nelle grandi arene l’attore per essere inteso e costretto a esage- 
rare il gesto e la voce, cosi le Esposizioni mondiali sono le arene delle Belle 
Arti. L’ arte o si fa chiassosa e falsa, o resta dimenticata. 
Ma un altro malanno nasce dalle grandi Esposizioni. Il contatto imme 
diato di tanti slili, non solo diversi ma opposti, genera negli artisli novel- 
lini e di fede gracile, confusione e perplessitä, e dillidando delle proprie 
forze perche non sorretti da persuasioni profonde, piegano a destra e a si 
nistra, perdono la loro personalitä e cadono nell’eclettismo che e il principio 
della fine dell’ arte. 
Il vedere qua e lä ad epocho diverse le varie scuole antiche e modeine 
giova, perche le varie impressioni ricevute, col tempo si elaborano nell in- 
telletto , si afiinano e formano nutrimento buono e sangue perfetto atto a 
generare opere proprie c legittime. 
Il tanto celebrato vantaggio del confrouto ha da farsi cogli occhi della 
mente e della ricordanza e non cogli occhi esteriori e simultaneamente, ne da 
giovani non addestrati e agguerriti che non possono difendersi dalle civet- 
terie d’ ogni genere. 
L’artista deve pensare alla sua personalitä, deve essere se stesso colle 
sue idee, co’ suoi pregi e co’ suoi difetti. 
La imitazione fu sempre dannosa. Il divino Michelangelo senza volerlo, 
aiizi contro il suo precetto - chi va dietro agli altri non va mai avanti - 
accese del suo fuoco anime debolmente temperate e gli imitatori suoi furono 
stravaganti, golli, scontorti e falsi. Canova fu grande quando la sua anima 
si espanse priva di greei amori: grande ne’ due papi Rezzonieo e Pio VI, nel 
gruppo dell’ Icaro e nei Pugillatori. 
Ma se la imitazione e un male dal quäle un ingegno non volgare puo 
liberarsi, la confusione e l’eeletlismo e una malattia irrimediabilc; ed e questa 
malatlia’ch’io pavento per l’arte e che puö svilupparsi dalle Esposizioni 
mondiali.
	        
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